Battistero di San Giovanni in Fonte
Il battistero paleocristiano di S. Giovanni in Fonte nel Vallo di Diano, situato in territorio di Padula al confine con Sala Consilina, è un autentico tesoro nascosto, scoperto solo nel 1958 da Vittorio Bracco e non ancora conosciuto da un vasto pubblico. Anticamente, invece, questo luogo si chiamava Marcellianum, ed era sede dell’omonima diocesi che comprendeva il Vallo di Diano e zone limitrofe. Dipendeva dal vicino centro romano di Cosilinum (l’attuale Padula) e ricadeva, come tutto il comprensorio dianese, nella regione dei Lucani e dei Bruzi. Quella di Marcellianum era una delle prime 21 diocesi create in Italia da papa Marcello nel 309 per riorganizzare la presenza cristiana, decimata dalla persecuzione di Diocleziano, quasi prevedendo la svolta che di lì a poco ci sarebbe stata con la liberalizzazione del Cristianesimo proclamata da Costantino nel 313. S. Giovanni in Fonte è quindi un battistero di prima generazione, uno dei più antichi dell’Occidente, costruito nel corso del IV secolo, quando finalmente i cristiani, potevano edificare all’aperto i loro edifici di culto: la basilica, che era l’equivalente della nostra chiesa e il battistero- presente solo in sede di diocesi- utilizzato esclusivamente per il battesimo e caratterizzato da una vasca nel mezzo perché il battesimo si impartiva per immersione e in età adulta nella notte di Pasqua o dell’Epifania. Rappresenta, pertanto, le radici della nostra fede, in quanto testimonia la fase iniziale del Cristianesimo della nostra terra, a due passi dalla Certosa che ne celebra invece il trionfo. La nota più caratteristica è data dalla presenza dell’acqua che scorre sovrana all’interno del monumento creando un insolito connubio tra cultura e natura che rende unico e affascinante questo luogo. Ci rimanda anche ad un periodo della nostra storia (ultimo scorcio dell’Impero e regno ostrogoto) quando Marcellianum, grazie al suo battistero, ricopriva un ruolo di notevole rilevanza sul territorio sia sotto il profilo religioso che economico. Il battistero di S. Giovanni in Fonte di Marcellianum era, infatti, uno dei più frequentati nella penisola, perché era l’unico battistero in tutto il mondo cristiano in acqua corrente. Questo perché un ignoto quanto geniale costruttore lo aveva edificato su una sorgente le cui acque alimentavano naturalmente la vasca battesimale, che solitamente veniva riempita artificialmente o manualmente. Tale fenomeno creava forti suggestioni nei catecumeni che assimilavano l’acqua di Marcellianum con quella del Giordano. E tanto bastava a neutralizzare senza traumi un precedente culto pagano che la popolazione locale tributava alla ninfa delle sorgenti Leucothea. Era inoltre considerato un battistero miracoloso, in quanto interessato dal prodigio delle acque che puntualmente si ripeteva durante la veglia battesimale, quando improvvisamente le acque si gonfiavano fino all’orlo della vasca per poi ritirarsi al livello consueto e dare il via alla liturgia battesimale. La fonte al riguardo è lo storico romano Aurelio Flavio Cassiodoro, vissuto nel VI° secolo, che fu ministro di tutti i re ostrogoti da Teodorico a Vitige. In un documento ufficiale della cancelleria regia riguardante le modalità della fiera interregionale di S. Cipriano che si svolgeva all’ombra del battistero, fa un puntuale reportage del posto, descrivendone la unicità (risuoni in tutte le lingue che anche la Lucania ha il suo Giordano) e riportando con accenti commossi il prodigio delle acque. Tale stato di grazia durò per un paio di secoli o poco più I disordini seguiti alla guerra greco-gotica, le invasioni e incursioni successive segnarono il destino di Marcellianum suoi abitanti abbandonarono progressivamente il luogo di pianura, pericolosamente vicino alla strada consolare per trasferirsi in postazioni collinari più sicure. Gli edifici diventarono, così, cave per costruire altrove e a poco a poco il borgo scomparve. Rimase in piedi solo il battistero forse a causa del clima di sacralità che lo circondava. Sopravvisse in sordina, riconvertito in chiesa rurale e in Cappella di S. Giovanni, cambiando di volta in volta padrone. I primi a prenderne possesso furono, intorno al Mille, dei monaci basiliani in cerca di rifugio e di luoghi di culto abbandonati. Furono loro a trasformare il battistero in una chiesetta (ormai il battesimo si impartiva non più per immersione ma per aspersione) e a dare nuova linfa all’edificio, affrescando le pareti con uno straordinario ciclo pittorico di stampo bizantino. Se pure ridotto a brandelli di immagini, l’apparato figurativo lascia tuttavia intravedere quello che è forse il primo esempio di Giudizio Universale in Occidente. Sul finire del Mille, con l’affermarsi della potenza normanna nel Sud, arrivarono come nuovi inquilini, i Benedettini della Abbazia di Venosa, ai quali nel 1077 il primo conte di Marsico, il normanno Rainaldo Malconvenienza donò la pertinenza di S. Giovanni delle Fonti. Due secoli dopo, quando nel 1297 l’abbazia di Venosa fu soppressa, ai Benedettini subentrarono i Cavalieri di Malta che in regime di commenda tennero la pieve per quattro secoli fino al Settecento. Non riuscendo a regimentare le acque, costruirono il portico per compensare l’esiguo spazio interno, conferendo al monumento l’assetto attuale. Sfatato da recenti acquisizioni è l’assunto della presenza templare in S. Giovanni in Fonte, riportato da Paolo Eterni nel Settecento e pedissequamente accolto fino a pochi anni fa. (Per una visione di sintesi su S. Giovanni in Fonte, comprensiva dei più recenti studi vedi: Contributi alla storia medievale del Vallo di Diano del Centro Studi “P. Laveglia”, Laveglia-Carlone, 2012) Il battistero riacquistò finalmente la sua iniziale identità solo dal 1958 quando i suoi ruderi furono identificati da Vittorio Bracco come quelli del glorioso battistero di cui parla Cassiodoro. A seguito del terremoto del 1980 la Soprintendenza ai B.A.A.A.S.di Salerno intraprese un restauro conservativo che salvò il salvabile, ricoverando, fra l’altro, nella vicina Certosa i preziosi affreschi paleocristiani raffiguranti i Quattro Evangelisti, posizionati agli angoli della vasca come vigili custodi di eventi soprannaturali. Negli ultimi anni sono stati eseguiti lavori di scavo e di restauro, nell’ambito di un elaborato progetto, avviato dalla Provincia, dalle Soprintendenze, dalla Diocesi e dai comuni interessati, finalizzato alla conservazione e alla riqualificazione di una vasta area intorno al battistero. Sono così emersi interessanti ritrovamenti che fanno luce sul tessuto urbano di Marcellianum e del suo battistero. E ci permettono di scrivere nuove pagine della nostra storia. Allo stato attuale si attende che l’area archeologica venga aperta alla fruizione generale e S. Giovanni in Fonte continui a raccontare la nostra storia a un pubblico ampio e interessato.