CAPPELLA PRIVATA ACCIARI 1704
Il monumentale Palazzo Acciari (ora Vesci) è caratterizzato da un imponente e artistico portale d’ingresso con arco in pietra di Padula e fronte con stemmi, poggiante su due possenti colonne coronate alla sommità da pregevoli capitelli; l’architrave superiore sorregge la bellissima e decorata balaustra in colonnine di pietra che protegge la terrazza. Dal portale si accede in uno spazioso atrio rettangolare a sostegno della terrazza sovrastante con struttura ad arcate di aspetto rinascimentale: da una parte vi è un piccolo giardino e di fronte lo scalone principale in pietra, che porta al piano superiore costituito da diversi grandi e maestosi ambienti, oggi vuoti e disabitati. Nelle cantine sottostanti è tuttora conservato un grande torchio vinario in legno, perfettamente funzionante ed in buono stato di conservazione. La Cappella è dedicata al nome di Maria, San Giuseppe e San Michele Arcangelo. Tanto tempo fa era ricca di oggetti sacri ed opere d’arte, oggi si teme per la sua conservazione futura. La Cappella fu fondata dall’abate Felice Pandelli nel 1704 e passata agli Acciari nel 1729, la famiglia probabilmente di origine spagnola, giunta a Sala Consilina intorno alla seconda metà del Seicento, come ramo secondario dei baroni di Bosco Molinaro (piccolo feudo rustico nobile in tenimento di Caggiano) che mirava a consolidare il proprio prestigio. Come risulta dall’Archivio storico del Banco di Napoli, l’abate Pandelli commissionò, nel 1706, a Giacomo del Pò un dipinto per un quadro di 10 palmi, raffigurante la “Trinità celeste e terrestre, san Giuseppe e gli arcangeli Michele e Gabriele” e nello stesso anno
l’altare della cappella, in marmo intarsiato, al marmista Paolo Mozzetti, su disegno di Giacomo Colombo, di lunghezza di otto palmi posto su gradini doppi, aventi, sui due lati del prospetto, due teste di angeli, realizzati dallo scultore Giacomo Colombo.
La tela di Giacomo del Pò, raffigurante la “Trinità celeste e terrestre, che doveva collocarsi dietro l’altare, risulta scomparsa in data imprecisata, ma restano un ciclo di affreschi realizzati nella stessa epoca, che andrebbero restaurati. Il ciclo comprende:
“Madonna con Bambino in gloria”; “Annunciazione”; “Assunzione”, lungo l’asse centrale della volta;
“Madonna con Bambino in gloria”; “Annunciazione”; “Assunzione”, lungo l’asse centrale della volta;
“San Teresa in estasi”, lungo le pareti laterali e I santi Pietro e Paolo”, ai lati dell’altare.
La famiglia Acciari fu presente a Sala sino al 1889, data della morte dell’arciprete Felice, che assieme al fratello Vincenzo fu condannato a dieci anni di reclusione come manutengolo di briganti. Successivamente il palazzo e la cappella passarono alla famiglia Vesci, pur mantenendo nel nome il ricordo della nobile discendenza. Per palazzo Acciari /Vesci si scrive: “…Il restyling voluto intorno al 1735 da Pietro Egidio, con l’aggiunta del portale principale, sorretto da colonne ed ingentilito dal ricamo della balaustra del terrazzo, del frontone con gli stemmi sormontati dalla corona nobiliare, dal portico supportante una loggia coperta ed una terrazza aperta su un ampio e suggestivo panorama, richiamava ancora il rango e l’importanza della famiglia. Simbolo della passata grandezza restava anche la contigua cappella gentilizia, tutt’ora detta degli Acciari, restaurata nel 1729 sullo stile del palazzo, per volontà di un abate di famiglia: un piccolo gioiello nonostante i danni e le spoliazioni subite in tempi recenti.” La cappella costituisce un significativo esempio di architettura gentilizia settecentesca, che in quest’angolo di Lucania ricrea uno stile barocco intriso di rigore rinascimentale. “… la Cappella gentilizia, sontuosa architettura del ‘700, decorata a stucchi nella volta a pieno sesto, che si pregia di begli affreschi effigianti in un tonale impasto di colori lungo l’asse del centro l’Assunta, l’Annunciazione, la Gloria della Vergine, sui fianchi figure di Santi e Sante, una singolare Santa Teresa trafitta dal mistico dardo, resi con tinte stupendamente fuse nella padronanza del disegno ch’ è eminente nei panneggi trattati alla maniera fastosa d’un barocco seguace del magistero stilistico del Rinascimento Il Palazzo è un monumentale edificio appartenuto alla medesima famiglia. Merita particolare attenzione il portale d’ingresso e gli stemmi contenuti. La famiglia Acciari di probabili origini spagnole, si stabilì a Sala Consilina intorno alla seconda metà del 600. La parete di fondo mostra due affreschi d’eguale pregio adiacenti a un riquadro cinto di rilievi in stucco molto adorni, che ospitava una tela o quadro di notevole qualità. L’altare è in pietra colorata a incastro di bel disegno. Un sarcofago sovrastato da busto in marmo, eseguito con egregia sapienza ritrattistica, è a specchio di un’edicola che accoglie in un contesto similare di rilievi e sculture in pietra e marmo un ex-voto a forma di stipetto in legno dipinto con vivaci scene sui battenti, che richiusi custodiscono una statuetta di madonna dipinta, gratificata intorno di oggetti in seta e argento. La fronte esterna del tempietto si decora di un piccolo ortale in pietra con architrave limitato da sculture di cherubini alati, sorreggente la targa con data 1729 e lo stemma, cui sovrasta una nicchia in muratura sorrisa da un residuo brano di affresco avvivante con note di colore lo strato grezzo dell’intonaco
sopraggiunto”. “… la Cappella gentilizia, sobria architettura del ‘700, decorata a stucchi nella volta, è ricca di belli affreschi effigianti con tonale impasto di colori l’Assunta, l’Annunciazione, la Gloria della Madonna, figure di Santi e di Sante (mirabile una Estasi di Santa Teresa trafitta dal dardo): la maniera è di un barocco seguace del magistero stilistico del rinascimento. Di egregia fattura è un sarcofago in marmo sovrastato da un busto reso con sapienza plastica. Pregevole edicola ex voto. Prezioso altare ed eleganti balaustre in pietra colorata”. 31
DESCRIZIONE DELLA CAPPELLA
Lo stile rigoroso della facciata viene riproposto nell’aula con le riquadrature in stucco, che definiscono le partizioni delle pareti laterali e della volta a botte: le volute, i motivi floreali, i gruppi scultorei, gli affreschi esprimono invece il rigoglio settecentesco. Il presbiterio è racchiuso da una balaustra in pietra di Padula, con intarsi in marmo policromo, sopraelevato di uno scalino rispetto all’unico livello della navata.
Su suo disegno, Giacomo Colombo ci ha lasciato il pezzo più bello presente nella cappella: l’altare. E’ stato realizzato agli inizi del XVIII secolo, dalle maestranze dirette dal marmista napoletano Paolo Mozzetti e si può ammirare nella sua sontuosità di marmi policromi utilizzati. Su base di marmo bianco di Carrara sono stati intarsiati altri marmi di origine sedimentaria:
il rosso Verona, che appartiene alla categoria dei calcari rossi ammonitici; il rosso Francia, marmo francese di origine sedimentaria con fondo rosso con vene o fiocchi bianchi e grigi di buone dimensioni e quantità, con distribuzione uniforme.
Il giallo Siena, estratto dalle colline senesi costituite da rocce metamorfiche sedimentarie, è caratterizzato da un colore di fondo giallo scuro ed è eterogeneo per la presenza di venature con tonalità che vanno dal bianco avorio al giallo chiaro fino ad un giallo ocra e rossastro molto intenso. Il nero Marquina è una pietra naturale estratta da cave spagnole, con sfondo compatto di colore nero, attraversato da venature ad andamento diagonale bianche o grigio chiaro.
La preziosa qualità delle finiture si evince anche dalla ricca pavimentazione in maioliche finemente decorate che dovevano abbellire l’intera cappella, di cui oggi restano solo poche tracce nel presbiterio e nella navata. Nel Presbiterio abbiamo delle maioliche caratterizzate da ricchi decori geometrico-floreali dai colori vivaci, dalle dimensioni di 20×20 cm; mentre nella navata ritroviamo delle maioliche bicolore, alternate in bianco e nero, con composizione esagonale.
La pavimentazione attuale della Sacrestia è in battuto di cemento, è probabile che fosse diversa, ma non si riscontra nulla da fonti storiche. La Cappella, infine, si distingueva per la qualità delle finiture lignee, di cui oggi restano soltanto poche tracce e per giunta in stato di avanzato degrado, come il confessionale incassato in una nicchia sulla parete sinistra entrando ed un armadio incassato in un’altra nicchia ricavata sempre nella parete sinistra della Sacrestia.
A cura del socio DOMENICO PALADINO